Com’è nata la storia di Gregorio.

Quarta B
Quarta B

All’inizio era solo osservazione, senza parole scritte, ma ben ascoltate.

I bambini della scuola di mio figlio scorrazzavano nel cortile, gridando forte tutta la loro allegria. Io registravo le immagini più belle nel magazzino della mia memoria. “Sarebbe bello regalare un ricordo di questi momenti a Giacomo, come se fosse una foto di gruppo”, pensavo. Quindi iniziai un racconto che parlasse di un bambino inventato e di tutti loro.

Seguendo la trama di una storia fantasiosa, sull’integrazione e la percezione di sé, ho ritratto ogni membro della classe immaginandoli, direi quasi vedendoli, agire. Ognuno di loro segue la propria personalità e ho cercato di ricordare i loro atteggiamenti, i loro gusti. Perché fosse davvero una storia di ragazzi credibili, riconoscibili.

Piano piano i capitoli hanno preso forma e qualche amica mi ha convinto che il risultato finale meritasse di prendere il volo, oltre il cancello del cortile scolastico. Ci ho provato, con qualche perplessità, ma non è un vero lavoro di esordio. È un diario di bordo, inventato, tranne i ragazzi che sono tutti veri.

È con questa consapevolezza che una mattina ho dato una copia del manoscritto alla maestra di italiano, la quale ha letto in classe i capitoli, creando suspense tra una lezione e l’altra. Gli alunni erano eccitati, mi fermavano all’uscita delle lezioni e alla fine hanno espresso il desiderio di possederne una copia.

Allora ho disegnato una copertina buffa e veloce, ho fotocopiato le pagine e armata di forbici e puntatrice ho rilegato il piccolo libro-ricordo. Quando ho portato in classe le copie i bimbi mi hanno regalato la più grande soddisfazione possibile: la loro gratitudine entusiasta.

            ― Grazie! Sarà un ricordo bellissimo! ― mi ha detto Rita.

E così ho registrato nella memoria, di nuovo, tutti quei sorrisi e quei commenti gioiosi.

Grazie bambini!

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