Il piacere di parlare con Celia Rees e scoprire di avere anche qualcosa in comune.


Celia Rees ha scritto molti libri, di cui solo alcuni tradotti in Italia. Ma non ho voglia di parlarvi dei romanzi perché se li conoscete già siamo a cavallo, altrimenti vi farò venire voglia di correre in libreria. Voglio parlare di lei, l’autrice.

In Italia si potrebbe correre il rischio di scambiarla per una scrittrice di romanzi storici, ma sono solo una parte della sua produzione letteraria. Partiamo dalle origini: le piaceva scrivere da piccola? Per carità! Non era brava nello spelling ed era mancina, questo pregiudicava ogni soddisfazione scolastica in merito e anzi, era discriminante. Intanto, come me da piccola, poteva passare ore e ore a inventare storie di fantasia, giochi in cui impersonava qualsiasi tipo di personaggio e così nascevano delle storie bellissime. Questo fatto fa ben sperare. Inoltre aveva una mamma bravissima a raccontare storie paurose su quello che i bambini non devono fare: ogni regola infranta poteva far morire: i gemelli che hanno mangiato le bacche del vicino? Stone dead! Stecchiti! I funghi del bosco? Stessa sorte e così via.

Un altro fattore determinante è stato l’imprinting fornito dai libri proibiti che nascondeva il fratello: la madre era contraria ma lei è riuscita a leggere molte storie dell’orrore, come me, e questo l’ha influenzata come autrice. Scary stories: pattern of writing! Il suo scary, pauroso, non è finalizzato a spaventare, ma a far riflettere il lettore. E le sue storie anche per questo ingrediente sono tutte davvero avvincenti.

Chi è uno scrittore?

Celia Rees sostiene che chi è bravo a raccontare storie a tal punto da far esclamare “davvero?” (“really?”) allora ha ottime probabilità di saper scrivere bene.

Ha scritto crime-fiction, horror, storie soprannaturali e romanzi storici, storie di adolescenti di ogni generazione, anche attualissime ma ogni volta ha fatto un durissimo lavoro di revisione, un editing continuo. Chi non lo fa non è un buono scrittore, per lei, poiché è un lato indispensabile di questa professione. L’unica pagina che non ha mai corretto, nemmeno una virgola, è quella del suo primo libro, scritta quando, molto arrabbiata per aver perso l’incarico di preside nella scuola in cui lavorava, decise di licenziarsi e di iniziare a scrivere, come lavoro. Potremmo affermare che tutto è nato da un moto di rabbia. Era il 1989 e il primo libro è stato pubblicato nel 1993. Fu un azzardo, dice ora, ma ne è valsa la pena!

Durante questo incontro ho raccolto tra i miei appunti tutti gli aneddoti che ha raccontato sulle strategie di scrittura: il cambio del punto di vista tra due semplici personaggi che può creare una storia validissima, è un ottimo esercizio. Ne ha narrati alcuni. È fondamentale che si vesta i panni dei protagonisti perché altrimenti un autore non può davvero sapere come agirà e cosa dirà il suo personaggio. È il noto rischio di perdere credibilità davanti al lettore. Quindi catarsi indispensabile e autentica. Ha detto: “capisci di essere uno scrittore quando scopri che ti piace giocare con il lettore” quindi quando hai una totale padronanza della materia.

Mentre Celia Rees parlava, la vedevo idealmente spostare le pedine tra i fili delle sue trame, come un abilissimo burattinaio. Mi ha affascinato ascoltare l’autrice mentre raccontava del brivido che l’ha percorsa quando riuscì a focalizzare tutto il romanzo La casa dei desideri (The wish house) appena andò a casa di un’amica artista. Era un romanzo per cui subiva pressioni dall’editore, stava già scrivendo Pirates, che nel frattempo adorava scrivere, mentre questo titolo, La casa dei desideri, esisteva ma non portava a nulla di buono, fino all’epifania nella casa. Ho provato un brivido anch’io. Romantico e misterioso.

...continua sulle pagina I LIBRI CHE AMO, per qualche ragione l'articolo non si carica completamente.

Scrivi commento

Commenti: 1
  • #1

    Emmanoelle (giovedì, 23 maggio 2013 22:02)

    Mi piaceeeee!!!!